Trump e la strategia dei dazi: i 4 motivi dietro le sue mosse
Ci sono 4 motivi (almeno) che spingono Trump ad alzare o introdurre i dazi contro altri Paesi.
Contenuti
Toggle1. Dazi come leva politica: il gioco dell’estorsione

Il primo è di tipo estorsivo: lo abbiamo visto chiaramente negli ultimi anni. Trump minaccia di alzare i dazi e poi, se l’altro Paese cede e fa quello che vuole lui, ritira o rinvia la misura.
È un gioco di potere, in cui i dazi diventano strumenti negoziali più che strumenti economici. È un po’ come dire: “Se fai quello che ti dico, niente punizione. Altrimenti, paghi caro”.
2. I dazi come incentivo alla produzione interna
Il secondo motivo è economico, ed è forse il più dibattuto: rilanciare la produzione americana. Ma qui c’è un dettaglio che spesso sfugge anche agli esperti: gli Stati Uniti non possono far pagare più tasse ad altri Paesi. Se impongono dazi del +25% sui prodotti cinesi, sono i consumatori americani a pagare di più per quegli stessi prodotti. Quindi, apparentemente è un autogol.
Perché lo fa allora? Perché in questo modo spinge le aziende a produrre in patria. Se una multinazionale come Apple deve sostenere costi maggiori per importare dalla Cina, magari si convince a investire localmente. È quello che ha promesso: 500 miliardi di dollari per una nuova fabbrica in Texas e 20.000 nuovi posti di lavoro.
3. Dazi e bilancia commerciale: ridurre il deficit, ma a che prezzo?
Il terzo motivo è la riduzione del deficit commerciale. Un Paese che importa più di quanto esporta si indebita.
Ma alzando i dazi, Trump non risolve davvero il problema: semplicemente lo sposta. Riduce il deficit pubblico, forse, ma scarica tutto sul debito privato. Perché, come detto, saranno i cittadini a pagare quei costi aggiuntivi.

4. Aumento delle entrate fiscali grazie ai dazi
Infine, il quarto motivo è più contabile: i dazi portano denaro fresco nelle casse dello Stato. Trump ha bisogno di coprire i tagli fiscali promessi alle imprese, e i dazi rappresentano una fonte alternativa di entrate. Meno tasse per le aziende significa meno incassi per il governo, e quindi serve una contropartita. Ma, ancora una volta, a pagare è il cittadino comune.
Questo spostamento della produzione, da estero a interno, danneggia le economie dei Paesi esportatori. La Cina, in questo esempio, produce meno, esporta meno, e quindi il suo PIL scende. Lo stesso vale per Germania, Italia, Giappone… tutti quei Paesi che vivono di export. Ecco perché i dazi americani fanno così paura nel mondo.
Ma attenzione: anche gli americani ne pagano il prezzo, perché saranno loro a sostenere direttamente l’aumento dei prezzi. Il tutto si traduce in un peso maggiore sulle famiglie americane, almeno nel breve termine.
Sinceramente? Non so se questa strategia funzionerà. Ma quello che si sta vedendo già ora è che l’azionario sta perdendo colpi. Molti fondi azionari hanno perso tra il -10% e il -20% in una sola settimana. E alcuni analisti iniziano a parlare apertamente di recessione USA nel 2025.